giovedì 29 gennaio 2009

.

"Eravamo intelletuali e praticavamo libri"

Di fronte a questa frase mi sono fermato.
Rossana Rossanda, nella sua autobiografia che golosamente ho subito comprata appena uscita un anno fa, descrive la sua famiglia la sera dopo cena.
Seduti sui divani e le figlie distese sui tappeti a leggere libri, la sera tutta la famiglia insieme intellettualmente.
Forse perché a casa mia quando ero piccolo non c’erano divani e l’unica tappeto che ricordo era la mantella nera di mio nonno che stendeva nel corridoio per farci giocare noi piccoli.
Forse perché la credenza di mia madre era di compensato e con l’umidità si scollava mostrando i fogli di cui era fatta.
L’acqua in casa non l’avevamo, si prendeva dal pozzo con i secchi e si faceva il bagno nel mastello, tranne qualche volta d’estate che andavamo a fare il
bagno in Po (il Po di Volano), allora mio padre portava anche il sapone da bucato e ci sfregava ben bene.
Forse perché gli unici libri che ricordo in casa mia quando ero piccolo erano “I sette fratelli Cervi”, “Le lettere dal carcere” di Gramsci ed una agiografia di Stalin cara a mio padre.
Forse perché non mi sono mai sognato di fare il giornalista ed a 14 anni avevo già il libretto di lavoro e lavoravo in una officina meccanica (dal mio primo lavoro sono stato licenziato subito perché cercavo di convincere i miei compagni a non fare un’ora di straordinario non pagata alla fine dell’orario).
Forse perché a scuola ci sono andato di sera e Plutarco l’ho letto che ero già grande.
Perciò “La ragazza del secolo scorso” è ancora lì, con il suo bel segnalibro a metà, in attesa che la Rossana che ho sentito lontana, mi si avvicini un po’.

lunedì 26 gennaio 2009

.

...che tutte le riassume e completa.

Mi capita che l’immagine della mia donna si fonda con le altre donne della mia vita.
Il gesto di portarmi il caffè sul divano giallo
(il divano giallo è sempre lo stesso, le donne no)
l'ho vissuto tante volte.
Perciò l'immagine si confonde, come in un viaggio nel tempo.
Mi viene a volte di dirle grazie in tedesco, come se fosse H..
Se ci capita di visitare un città nuova, sento i suoi commenti e mi chiedo cosa avrebbe detto Anna che ci siamo frequentati cinque anni ad intermittenza ed ancora oggi mi manda occasionali messaggi amorosi.
Oppure H. che ci ho vissuti quindici anni ed abbiamo allevato insieme i rispettivi figli.
Oppure M, solo quattro ma è stata la prima moglie e ci ho fatto un figlio che però ho cresciuto io..

O Silvia che ha allestito la mia prima casa dopo le separazione.
Oppure le tante degli intermezzi...
Le donne che ho avuto e con le quali ho condiviso un pezzetto di vita, da che le ho lasciate (nessuna ha mai lasciato me), sono cambiate vivendo i loro anni.
Perciò tutte potrebbero essere lei, dopo un lungo cammino della mente e del corpo.
La mia donna non la sento come donna nella sua individualità, lei è la donna cosmica, fusione, riassunto ed essenza di tutte le donne, quelle che ho conosciuto e quelle che avrei potuto conoscere.
In fondo, io non avrei voluto tante donne.
La mia famiglia era molto stabile, non ho mai pensato che mia madre e mio padre avrebbero potuto separarsi e infatti non si sono mai separati.
Pensavo che anch'io avrei avuto una vita così.
Una donna sola e dei figli.
Certo, di tanto in tanto qualche trasgressione (io si ma lei no), ma senza mai mettere in discussione il rapporto forte.

E’ andata diversamente, peccato.

venerdì 23 gennaio 2009


Aveva un nome breve.
Aveva sedici anni, a quattordici aveva avuto un figlio che era stato dato in adozione e le era rimasto il terrore di restare nuovamente incinta.

Perciò la sua farfallina era off limits, là dentro non ci entrava più nessuno.

Eravamo a casa mia, Patrizia e Silvano già sul mio letto e noi in tinello a fare conoscenza.

Non mi riusciva di rompere il ghiaccio. Eppure lei era venuta proprio solo per scopare. Finalmente abbiamo deciso di iniziare, lei è andata in bagno a lavarsi e tornando mi ha detto “non badare che è bagnata, è solo acqua”, poi mi ha spiegato che l’unico canale disponibile era quello anale.

Non so quale ventenne appena tornato da militare e dalle esperienze sessuali modeste, avrebbe saputo mantenere la calma.

Io l’ho persa completamente.

Mi sono agitato un pò su di lei, cercando di provocare la sua eccitazione e in pochi attimi sono venuto.

Umiliante.

L’ho incontrata nuovamente un paio di anni dopo, quando le mie abilità erano decisamente migliorate.

Abbiamo chiacchierato a lungo, siamo anche saliti in soffitta, abbiamo giocato parecchio, ma senza spogliarci, eravamo entrambi eccitati, lo so perché mi è capitata una mano tra le sue cosce ed era tutta bagnata.

Non ha voluto scopare con me, penso che fosse perchè mi considerava poco bravo.

Non era più vero, avevo una vita sessuale intensa con più ragazze contemporaneamente, ma non ero bravo abbastanza da forzarla quel minimo che sarebbe stato sufficiente, non avevo ancora capito che cosa sono i no delle donne ma soprattutto - non me lo perdonerò mai - avevo quella specie di rispetto romantico per le donne che mi imponeva di trattarle da pari e non da donne.(come si devono trattare le donne?)

Cosce pienotte e sode, tettine ritte e dure come il marmo, culetto ritto, licio e morbido, visetto di ragazzina, un pò porca ed un pò romantica.

Avrei potuto stendermi fra le sue gambe e far scorrere il mio cazzo nella sua fighetta, che era sicuramente bagnata, e non saprò mai come veramente era.

Avrei potuto farla inginocchiare gattoni, prenderla per i fianchi ed affondare il mio cazzo dentro di lei -ora so che le sarebbe piaciuto sentirsi piena - e finalmente, penetrare in quel buchino che due anni prima era il suo unico mezzo per farsi riempire.

Dimenticavo la bocca.

Aveva labbra pronunciate e rosse senza rossetto, proprio da bimba.
Avrei potuto farla inginocchiare fra le mie gambe aperte, lasciarla chinare sul mio cazzo, farlo entrare nella sua bocca e andare su e giù fra le sue guance, prenderle la testa fra le mani ed accompagnarla dolcemente, qualche volta spingendo nella sua gola, come faccio ora.

Ma non l’ho fatto, ne ho grande rimpianto.

Ci penso spesso e non ricordo più il suo nome.

Aveva un nome breve.

giovedì 22 gennaio 2009

Cazzeggiamenti.

Un bel cazzo

Francamente non avevo mai pensato che il mio cazzo potesse essere bello o brutto.
La prima volta che me lo sono sentito dire è stato da una donna di 39 anni che sfortunatamente (così vanno le cose della vita), l'aveva misurato e valutato solo con la bocca.
Non ha osato dirmi “hai un bel cazzo”, mi ha detto: “è bello lui”.
Negli anni successivi mi è invece accaduto più volte di sentirmelo dire, ho pensato che forse le ragazze giovani non osano certi apprezzamenti.
Ho capito però che le donne hanno una speciale attenzione per l'estetica e le caratteristiche dell'attrezzo dei maschi e che spesso, di per sé solo, suscita specifiche emozioni.
Mi raccontava la mia donna che la prima volta che ha toccato il cazzo del suo primo ragazzo, benché coperto dalla stoffa dei pantaloni, il giorno dopo ha avuto la febbre a 39.
Ancora oggi, vedendomi nudo, metti caso, sotto la doccia, non manca di lanciare uno sguardo alla mia appendice magari tristemente penzolante.
E a letto, prima di dormire, spesso non manca di infilarmi una mano nel pigiama e mormorare “come siete fatti strani”, accarezzando quello che ho sentito chiamare anche “il pacco” (va detto che questi toccamenti spesso producono il loro effetto e che forse la manovra è calcolata).
Una volta una ragazza mi ha chiesto “ma tu lo porti a destra o a sinistra?” oggi risponderei “lo porto dritto verso di te”, allora sono solo diventato rosso, ma ancora oggi mi accade di notare fugaci sguardi verso la mia patta, anche da donne incontrate per motivi lontanissimi da relazioni personali.
Io peraltro non manco di guardar loro il culo, perciò non c'è di che stupirsi.
Non finiscono mai le scoperte sull'altro sesso, malgrado mia maturità, mi sorprendo.

mercoledì 21 gennaio 2009

Dei blog bannati e dei profili chiusi.

Anch'io vengo dalla piattaforma di Libero.
Ho letto delle polemiche sulle molte chiusure di blog.
Sono anch'io un bannato e tenevo molto al mio blog zozzone e innamorato.
Ho apero e chiuso altri blog, ma senza più ritrovare la passione di quel primo, anche se non mi sono mai considerato un blogger.
Ero solo uno che aveva una quantità di emozioni da esternare e,
non essendo abituato a farlo al bar, lo facevo su libero.
Certo che i racconti e le immagini non erano roba da educande.
E nemmeno da minorenni.
Ma mai volgari.
Poi ci ho fatto l'abitudine, ti tanto in tanto, a scrivere una pagina virtuale.
Perciò scrivo, a volte pigramente.
Voglio però dire due parole sulle polemiche che hanno portato molti transfugi di libero in questa ed altre piattaforme.
Libero, ma anche questa, è un'azienda con scopo di lucro, ed il lucro è dato dalla pubblicità che la quantità di utenti rende appetibile per gli inserizionisti.
Non c'è nessun'altra ragione per la quale si debba costruire e gestire un portale.
Con ogni evidenza, libero ha deciso di tagliare i blog che non si allineano con i criteri della sua politica.
Punto e basta.
Non importa che siano artistici, profondi o portatori di alta letteratura, d'altro canto, è la televisione spazzatura che fa audience e non si vede perchè un portale che gestisce anche una piattaforma di blog, dovrebbe comportarsi diversamente.
Solo mi piacerebbe sapere dove è andata Poly, l'ho sempre letta con piacere.

martedì 20 gennaio 2009

Arrivato oggi, primo post.

Nell'aprire il primo post su di una piattaforma nuova,
che non conosco
e nella quale non conosco nessuno, mi vien da chiedermi:
Ma io , alla buonora, chi sono?
Sono molto diverse le immagini che ho di me
nei molto diversi momenti della vita.
Non conosco nessuno qui, non conosco nemmeno me.
Di cosa cacchio ci scriverò qui dentro non ho la più pallida idea.
Potrei cominciare dall'inizio:

L'uccisione del maiale
(non sono io il maiale. Si, anch'io sono un pò maiale, ma non sono ancora stato ucciso)


Quando ero piccolo, ogni anno a Novembre si ammazzava il maiale.
Mio padre comprava il più piccolo e malandato prchè costava meno e poi lo si ingrassava amorevolmente per tutto l'anno.
Erano felici i maiali a casa nostra, avevano il porcile il fondo all'orto, fangoso quanto basta per la bestia.
Nei giorni del mio compleanno lo si ammazzava.
Erano sempre giornate grige e scure, quelle dell'ammazzamento.
Nuvole basse e pioggerellina.
O nebbia.
Era il tempo prima della neve che allora cadeva tutti gli anni.
A volte il poveretto scappava e non si lasciava colpire dalla lama nel cuore e correva per tutta l'aia inseguito dagli uomini.
I maiali non sono bestie veloci.
Poi era la volta della rasatura, veniva messo in una vasca di legno tronco conica, l'acqua sul fuoco accanto per averla sempre calda e rasato con spatole taglienti.
La sera campeggiava immenso nel corridoio, appeso a testa in giù per scolare il sangue.
Bianco nella cotenna e nero dentro, squarciato dall'alto in basso, inquietante per me bambino.
Faceva impressione che la mattina era vivo.
Ma il giorno dopo si facevano i salami, la ziona ed i prosciutti, la cucina era calda ed il fuoco ardeva forte.
Mio zio, macellaio dilettante e mio padre squartavano, affettavano e tritavano, aiutati dalle donne.
La sera venivano amici e parenti e mio padre, che aveva una voce da grande tenore, cantava le romanze.
Non ricordo chi suonasse la fisarmonica, ma mio zio suonava il mandolino.
E si mangiava, tutto quello che non si poteva conservare, si mangiava.
Che festa!
A pensarci ora, chissà com'era felice mia madre in quelle sere, aveva poco più di vent'anni e tutti avevano meno di trent'anni.
Poi arrivava un nuovo maialino smunto, mia madre racconta ancora di quello che pareva non dovesse sopravvivere invece diventò un gigante di non so più quale enorme peso.
Carne per tutto l'anno.
Se credessi in dio direi che dio sa quanto ne avessimo bisogno, nella bassa ferrarese, in quegli anni di nebbia freddo e disoccupazione.